martedì 7 febbraio 2012

'o babbà



Il babà non è un dolce, è una poesia, 'na musica, il simbolo di una città.
Non c'è napoletano al mondo che non ne ha mangiato uno nei primi tre anni di vita.
A Napoli è una delle prime parole che un bambino pronuncia... mamma, pappa, babà. No, no, è esattamente così, non è uno scherzo. Il babà non è solo un monumento della pasticceria napoletana, ma è talmente legato alla storia e alla cultura di questa città da essere diventato un rito, un modo di dire.
Sì proprio nù babbà e hai detto tutto.
Epilogo di ogni pranzo domenicale che si rispetti, il babà (che non è babbà ma neanche babà alla francese) è accompagnato da una sinfonia di versi, di gesti e di ammiccamenti sconosciuti agli stranieri ma che sono scritti nel patrimonio genetico dei napoletani e che caratterizzano la città più bella del mondo (sccccc, è così, non si discute!) rendendola unica, teatrale, indimenticabile.


Ma il babà non è figlio di questa città bensì di una cittadina francese chiamata Lunevill, viene da lontano ed è forse anche per questo ne è diventato un simbolo. A inventarlo fu un re bidetronizzato, il polacco Stanislao Leszczinski, suocero di Luigi XV di Francia che aveva sposato sua figlia Maria. Grazie alla sua parentela importante, aveva avuto come buona uscita il Ducato di Lorena dove potè costruire impossibili ricette politiche per il futuro dell’Europa e passare alla storia per l’unica cosa seria fatta nella sua vita, inventare il babà. Si dice che l’ex re abbia bagnato nel Madeira una fetta di kugelopf, il dolce austriaco ermafrodito, cioè mezzo panettone e mezzo brioche, e che da allora lo abbia sempre voluto così. La sua grande passione per la cucina portò a nuove e più ricche elaborazioni con l’impasto lievitato tre volte e sbattuto per ottenere una pasta più leggera, pieno di uvetta e con lo zafferano di cui erano ghiotti i turchi. La forma diventa quella della cupola di Santa Sofia, il nome scelto è Ali Babà, il protagonista de “Le Mille e una notte”. Un altro salto di qualità è la decisione della bagna, necessaria per sostenere la morbidezza del dolce altrimenti destinato rapidamente a pietrificarsi in poche ore. Stanislao sceglie il Madeira, a Versailles, dove si dettavano le mode, si usa il rhum giamaicano, l’ultimo dei benefici importati dalle Olteeoceano. Ma nella società capitalistica un cibo per diventare prodotto si deve reificare in merce, altrimenti resta solo una curiosità familiare. Ed è quanto avviene con il pasticcere originario della Polonia Sthorer che a Luneville ha seguito l’esilio del re mangione, poi si trasferisce con sua figlia Maria a Versailles dove nel 1725 sposa Luigi XV, infine apre un proprio laboratorio a rue Montorgueil, ancora oggi è al numero 52, dove crea i babà a forma di fungo o cappello di cuoco così come sono giunti fino a noi. Più tardi, Jean Anthelme Brillat-Savarin regala ai fratelli Julien il babà a forma di ciambella nel cui centro immergere la frutta per il loro laboratorio sul boulevard St.Honoré: eliminata l’uvetta, aggiunto il burro, una spennellata di marmellata di albicocche per salvare la bagna più a lungo ed è così che da Ali Babà si passa a Babà.



Dopo tanto cercare su libri e riviste e sul web sono approdata a queste due versioni che mi sembrano chiare, tutto sommato semplici e il risultato (almeno per quella che ho provato io ma anche Adriano -lo so per certo- è una garanzia) è ottimo. La ricetta che ho scelto è tratta da quì ed è stata realizzata con l'aiuto di una semplicissima frusta con base fissa con i ganci da impasto (niente di costoso!). La versione di Adriano prevedeva l'utilizzo della kenwood, mi sono spaventata e ho sbirciato solo alcuni passaggi (le piegheeeeee!).

Ingredienti per una ventina di babà:
(io ho usato uno stampo da kugelhupf e come si vede dalle foto la dose si deve diminuire altrimenti trabocca troppo vista la lievitazione portentosa)
220 gr di farina di forza (Manitoba)
12 gr di lievito di birra
3 uova grandi
70 gr di burro
30 gr di zucchero
un pizzico di sale
farina e burro per gli stampi

Per la bagna: 
500 gr di acqua
200 gr di zucchero
la buccia di un limone non trattato
rhum 


Preparare il lievitino impastando il lievito di birra, un cucchiaio di acqua, 25 gr di farina e un cucchiaino di zucchero. Lasciare lievitare finchè non è raddoppiato di volume (almeno un paio d'ore). Preparare la bagna facendo bollire per 15 minuti 450 gr di acqua con 200 gr di zucchero e la buccia di limone. A questo sciroppo, una volta freddo, bisognerà aggiungere il rhum a piacere. Altro rhum si dovrà poi spruzzare direttamente sul babà prima di servirlo.
Pronto il lievito, travasarlo in una terrina e aggiungere 200 gr di farina, un cucchiaio di zucchero, 3 uova (uno alla volta). Dare una prima impastata in modo che gli ingredienti si amalgamino e aggiungere 70 gr di burro morbido e un pizzico di sale. Lavorare con uno sbattitore a fruste per una trentina di minuti. Si, sembra un'eternità ma è proprio questa lunga lavorazione che lo renderà molto, molto elastico: una palla quasi completamente staccata dalle pareti. Tenendo un pò di pasta tra pollice e indice, questa deve essere talmente elastica da diventare trasparente. Questo è il punto giusto. A questo punto coprire la ciotola con un panno e lasciarla riposare in un luogo tiepido fino a che non avrà raddoppiato il volume (due o tre ore). Imburrare gli stampi (o uno stampo da ciambella). A questo punto io ho fatto le pieghe del secondo tipo serrando bene l'impasto come consigliato da Adriano (sembra turco ma è più facile del previsto e le spiegazioni fotografate le trovate quì). L'impasto va poi messo negli stampi, arrivando fino ad 1/3 dello stampo e lasciato lievitare finchè non raggiungerà l'orlo, superandolo con una leggera bombatura.
Trascorso il tempo di lievitazione, infornare in forno già caldo a 180° per una ventina di minuti nella parte bassissima del forno. Il babà è cotto quando assume un bel colore dorato anche nella parte interna dello stampo. Controllare primadi sfornare.
Una volta cotti e sfornati, lasciarli raffreddare e immergerli, uno alla volta, nello sciroppo riscaldato a circa 40°. Rigirarli per bene e strizzarli con un movimento di compressione. Riporli in un piatto e bagnarli con il rhum prima di servirli.
Buon appetito.... che invidia!

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